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Forum 14 - Dialogo interreligioso: una risorsa per la pace globale

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2023 19:43
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Città: CORIGLIANO CALABRO
Età: 55
Sesso: Maschile
15/09/2023 19:40




Din Syamsuddin

Presidente del Centro per il dialogo e la Cooperazione tra le Civiltà, Indonesia
 biografia
Stiamo tutti affrontando enormi sfide nel mondo di oggi. La promessa di dividendi di pace apportata dalla fine della Guerra Fredda deve ancora materializzarsi. Il nostro sogno comune di una nuova civiltà mondiale basata sulla giustizia sociale, l'uguaglianza, la prosperità e l'armonia deve ancora diventare realtà. È davvero scoraggiante vedere che i conflitti e le guerre rimangono una caratteristica distintiva del mondo di oggi.
 
Quando guardiamo al mondo di oggi, l'assenza di pace continua ad essere una caratteristica chiave della maggior parte dei paesi del mondo. I conflitti interni – sia sotto forma di violenza comunitaria, conflitti per l'autodeterminazione, genocidi o conflitti separatisti – si trovano principalmente nei paesi in via di sviluppo dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina. Ci sono stati 118 grandi conflitti armati in 80 luoghi diversi dalla fine della Guerra Fredda. La maggior parte di queste erano guerre civili. Dal 2000 ad oggi ci sono 21 conflitti armati in molte aree del mondo. Naturalmente, l'attuale guerra Russia-Ucraina è la più minacciosa poiché potrebbe aprire la strada a un'insicurezza e instabilità globale. Ci sono 47 conflitti armati tra gli Stati e la maggior parte di essi sono stati internazionalizzati. La crescente internazionalizzazione dei conflitti negli ultimi anni è preoccupante in quanto tali conflitti durano più a lungo e sono difficili da risolvere. 
 
D'altra parte, la civiltà umana sta affrontando il degrado per l'emergere di problemi globali dalle molteplici sfaccettature negli ultimi decenni. La civiltà moderna ha dimostrato disordine globale, incertezza e danni accumulati, aggravati da povertà, analfabetismo, ingiustizia, discriminazione e molte forme di violenza, sia a livello nazionale che globale.
 
Che cosa bisogna fare?
Finora, ci sono stati numerosi dialoghi interreligiosi. Da questi dialoghi sono scaturite delle dichiarazioni. Certo, il dialogo non è tutto. Non è una panacea che potrebbe guarire ogni malattia. Il dialogo è solo un tentativo per trovare un terreno comune e una responsabilità condivisa. Nonostante alcune critiche esagerate sul dialogo tra le diverse fedi, abbiamo bisogno di estenderlo coinvolgendo più persone dal basso, la base e la gente comune. 
 
Ma, cosa più importante, dobbiamo esplorare modi per andare oltre i dialoghi politici e teologici. Dobbiamo sviluppare un nuovo paradigma di dialogo, compreso il dialogo interreligioso. Dobbiamo sviluppare la cooperazione nell'ambito di un dialogo ben fondato e un dialogo d'azione. È questa cooperazione che riflette e rappresenta la nostra preoccupazione comune di guarire il mondo. Insieme ora, affrontiamo un grave cambiamento climatico e danni ambientali. Siamo testimoni di persone che soffrono per la povertà, la crisi energetica, la crisi idrica, la fame e altre calamità umane. È nostro dovere umano trovare modi per una cooperazione più positiva e costruttiva sul campo. Così facendo le persone di fedi diverse hanno bisogno di esplorare un terreno comune tra loro per affrontare le sfide dei nostri nemici comuni. I nostri nemici comuni non sono le altre fedi religiose, ma i problemi dell'umanità come la povertà, l'analfabetismo, l'ingiustizia, la discriminazione, la violenza, il terrorismo, il collasso ecologico e lo tsunami culturale.

Jawad Al-Khoei

Segretario generale del “Al-Khoei Institute”, Iraq
 biografia
Signore e Signori, Vostre Eccellenze,
 
Apro con il saluto islamico: As-Salamu Alaikum, che significa: “La pace sia su di voi”.
 
Buon pomeriggio.
 
Grazie alla Comunità di Sant’Egidio perché tiene questo importante incontro internazionale sulla pace.
 
È davvero motivo di gratitudine ricordare che l’Istituto Al-Khoei opera da molti anni con la Comunità di Sant’Egidio e il nostro lavoro congiunto si svolge nell’interesse delle nostre società, della pace e della riconciliazione tra i leader religiosi, anche con i tre incontri tra Sciiti e Cattolici che abbiamo organizzato in Vaticano e a Najaf. Il risultato di questo lavoro è stato la storica visita di Sua Santità Papa Francesco in Iraq, nel marzo 2021, e il suo incontro a Najaf col Grande Ayatollah, l’Imam Sistani.
 
Tutte le religioni invocano la pace e questo è il messaggio divino stesso di Dio, dei suoi]profeti e messaggeri; e l’Islam in particolare ha fatto dell’espressione As-Salamu Alaikum, “La pace sia su di voi”, il proprio saluto e nelle cinque preghiere quotidiane noi diciamo tre volte: “La pace sia su di noi e sui servi di Dio e possano la pace, la misericordia e le benedizioni di Dio essere su di voi”.
 
Di conseguenza, la frase “La pace sia su di voi” è pronunciata dai Musulmani, in tutto il mondo, miliardi di volte ogni giorno. La pace è parte della nostra identità, della nostra personalità, della nostra religione e della nostra cultura. È il nostro motto.
 
Ne consegue che, dato che la pace è, sul piano filosofico, una categoria psicologica ed una modalità, essa non può essere frammentata, perché funziona sinergicamente. A rigor di logica, la pace non può essere invocata per alcune persone, mentre se ne escludono altre. O si crede nella pace per tutti o non si crede affatto nella pace.
 
Il seminario di Najaf, Hawza, e l’autorità religiosa Marja’iyya hanno sempre basato il proprio lavoro su questo approccio umano, etico e religioso.
 
Noi comunichiamo, incontriamo e ci coordiniamo sempre con leader religiosi, sia cristiani che yazidi o sabei-mandei, così come, in ambito islamico, con studiosi religiosi arabi e curdi di diverse denominazioni. Lavoriamo anche a stretto contatto con accademici, professori e con la gioventù, che costituisce la nostra speranza per il futuro. Essi sono stati coinvolti insieme a noi in tutte le nostre attività ed i nostri incontri.
 
Uno dei risultati di questo lavoro è stato la pubblicazione di un fascicolo introduttivo che descrive le religioni e le denominazioni esistenti in Iraq, scritto da esponenti ufficiali di queste religioni e denominazioni. 
Sin da quando è stato fondato il moderno Stato dell’Iraq, la religione veniva definita dallo Stato, ma, per la prima volta, le diverse denominazioni e religioni hanno stabilito da sé come vogliono essere definite.
 
Sono ottimista rispetto alla cooperazione tra leader religiosi, che ha raggiunto livelli mai visti prima nella storia. Istituzioni e leader religiosi svolgono un ruolo molto importante nella promozione della pace civile e della coesione della comunità.
 
Il nostro problema non sono le religioni o i leader religiosi ma, piuttosto, quei politici che usano impropriamente la religione facendone uno strumento per combattersi reciprocamente.
 
Un altro problema è il conflitto cui assistiamo tra alcuni valori occidentali, in contraddizione con la normale inclinazione dell’essere umano, e tutte le religioni monoteistiche.
 
Crediamo nella libertà che rispetta la dignità umana e rispetta il valore delle donne, non facendo di esse un genere di commercio da acquistare e vendere sotto nuove etichette, non diverse dalla schiavitù che abbiamo conosciuto nel passato.
 
Libertà non significa assenza di legge come nella giungla, né significa distorsione dei valori umani, morali e religiosi.  
 
Libertà non significa violare la libertà degli altri, o profanare i simboli religiosi di centinaia di milioni di persone.
 
Né libertà significa cancellare le caratteristiche individuali degli altri o impedire loro di praticare i propri riti.
 
È per questo che respingiamo con forza la prassi di alcuni paesi europei che impediscono alle donne musulmane di indossare l’hijab nei loro passaporti e nei loro documenti, in nome della libertà.
Condanniamo anche con forza il fatto di bruciare il Sacro Corano e ogni altro testo sacro, in nome della libertà.
Non ne possiamo più delle contraddizioni e della doppia morale che vediamo. Bruciare alcune bandiere è considerato un crimine di istigazione all’odio ma bruciare il Corano o la Bibbia è libertà d’espressione? Perché?
 
Respingiamo con forza l’imposizione coercitiva all’infanzia e alla società di valori anormali che contraddicono il senso comune e la religione in nome della libertà.
 
Siamo seriamente e sinceramente preoccupati per il futuro della società europea e occidentale, per come si pone di fronte a queste ideologie dubbie e discutibili, che incidono sulla pace tra le religioni e tra Oriente ed Occidente.
 
Oggi ricordiamo il ventiduesimo anniversario degli attacchi terroristici dell’11 settembre, che costarono la vita a migliaia di persone. Teniamo a mente dove può portare il fanatismo radicale. Dovremmo tutti lavorare insieme con più impegno per impedire che altri terroristi, nel futuro, commettano crimini in nome della religione e guerre in nome della libertà.
 
Signore e Signori, dialogo interreligioso non significa rinunciare alle nostre convinzioni, o mescolarle insieme, né significa cancellare le nostre identità dissolvendole l’una nell’altra. Ne consegue che tale dialogo non significa creare una nuova religione condivisa, come alcuni ci stanno falsamente accusando di fare.
 
La nostra visione è chiara, fondata sulle parole di Dio Onnipotente nel Sacro Corano (“Voi avete la vostra religione ed io ho la mia”); il nostro lavoro interreligioso è basato sulla preservazione della nostra bella diversità e sulla promozione del pluralismo, non del fondamentalismo.
 
Vi ringrazio per il vostro attento ascolto e finirò con le stesse parole con cui ho iniziato: As-Salamu Alaikum. La pace sia su di voi.

Indunil J. K. Kodithuwakku

Dicastero per il Dialogo Interreligioso, Santa Sede
 biografia
Eminenze, Eccellenze, 
Distinte Autorità, 
Cari fratelli e sorelle, 
 
È un grande onore per me essere qui oggi, come Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, che opera per promuovere il dialogo tra persone appartenenti a diverse tradizioni religiose. Sono lieto di partecipare a questo importante Incontro Internazionale "L'audacia della pace" promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e desidero anche ringraziare tutti gli organizzatori per l'invito e la città ospitante di Berlino. 
Questa capitale è una città che nella sua storia è stata segnata da molte tragedie, ma che è anche un simbolo di unità e riconciliazione. Unità e riconciliazione che anche l'iniziativa di Popoli e Religioni, dal 1987 ad oggi, vuole promuovere con perseveranza e audacia portando avanti e proponendo lo 'spirito di Assisi' a credenti e non credenti. 
Il mondo deve ancora riprendersi da una devastante pandemia di Covid-19. Tragicamente, la guerra in Ucraina e altre guerre e conflitti in corso, così come il cambiamento climatico, colpiscono tutti, peggiorando le condizioni della nostra umanità, già devastata e martoriata, e del pianeta. 
Nella pandemia abbiamo capito che tutto ci riguarda, che è proprio vero che siamo tutti sulla stessa barca e che l'unica via di uscita è diventare tutti fratelli e sorelle. Di fronte al dramma della guerra, comprendiamo il rischio che corre oggi l'intera famiglia umana, perché la guerra "non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante" (Fratelli Tutti 256). Sono convinto che il dialogo tra le religioni non sia un segno di debolezza, ma una manifestazione del dialogo di Dio con l'umanità e che la fraternità è una sfida per tutta l'umanità. 
 
Promuovere l'unità e l'amore tra gli esseri umani 
Il concetto di dialogo non era una questione marginale per i Padri del Concilio Vaticano II (1962-1965). Oltre al dialogo ecumenico (cioè al dialogo con gli altri cristiani), che è costantemente sottolineato nei documenti del Concilio, la necessità del dialogo con i credenti di altre religioni è un tema ricorrente nei documenti conciliari quali  la Nostra Aetate (28 ottobre 1965), la Dichiarazione sul rapporto della Chiesa con le religioni non cristiane, che è considerata come la Magna Charta del dialogo interreligioso. Le basi dottrinali del dialogo interreligioso sono stabilite nel documento sulla Chiesa  (Lumen gentium), mentre quello sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae) enuncia i principi di rispetto e stima per l'innata dignità umana di ogni persona su cui si fonda l'idea di dialogo. 
La dichiarazione conciliare Nostra Aetate incoraggia i cristiani a " promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli esaminando tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino" (NA, 1). Questo documento indica l'origine comune e il fine ultimo di tutti gli uomini, cioè Dio, come punto di partenza per costruire la pace nel mondo e l'armonia nella società. Manifestando il suo desiderio di relazionarsi rispettosamente con i fedeli di altre religioni, la Chiesa esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi. (NA, 2). 
La Chiesa desidera impegnarsi in relazioni interreligiose amichevoli perché considera questa una parte importante del suo mandato. Nel suo dialogo la Chiesa parla ai seguaci di altre religioni perché Dio per primo ha parlato all'umanità nel suo Figlio, e Dio continua a comunicare a tutto il genere umano, in particolare attraverso la sua Chiesa, un messaggio di bontà, perdono e pace. 
Inoltre, il dialogo di Dio con l'umanità serve come forma e modello per ogni dialogo.
 
Papa Francesco: promuovere una "cultura del dialogo" attraverso il rispetto reciproco, l'amicizia e la fraternità. 
Vivere la propria identità nel "coraggio dell'alterità" è la soglia che la Chiesa di Papa Francesco ci chiede oggi di varcare. Nel suo primo discorso ai rappresentanti dei cristiani e dei credenti di diverse religioni, il Papa sottolinea che la pietra angolare di ogni dialogo è l'amicizia e il rispetto: “La Chiesa cattolica è consapevole dell'importanza di promuovere l'amicizia e il rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose (…)” (Ai rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse religioni 17 marzo 2013). Un'amicizia e un rispetto solidi e genuini aprono poi la strada ad un dialogo attivo. Attraverso il dialogo, il Papa cerca di promuovere una cultura dell'incontro: Significa che come popolo ci appassiona incontrare gli altri, cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti. Questo è diventato un’aspirazione e uno stile di vita. (FT 216). 
Papa Francesco ci ha invitato a concentrarci sul dono dell'amicizia interreligiosa, sia con il suo esempio che con le sue parole. Nel suo incontro con il Consiglio musulmano degli anziani in Bahrain, ha dichiarato: “Credo che sempre più abbiamo bisogno di incontrarci, di conoscerci e stimarci, di anteporre la realtà alle idee, le persone alle opinioni, l'apertura al cielo alle differenze sulla terra.” (4 novembre 2022). In questo modo, egli mantiene al centro del suo dialogo, il cammino dell'abbracciare sia la trascendenza che la fraternità umana. 
Per la Chiesa cattolica, il dialogo tra le diverse tradizioni religiose ha un suo valore intrinseco, non nasce da tattiche o interessi nascosti. Il suo scopo principale è quello di consentire alle persone di diverse religioni di vivere in armonia e pace, di capirsi meglio, di lavorare insieme per il bene dell'umanità e di aiutarsi a vicenda a rispondere alla chiamata di Dio. 
Questa è la sfida lanciata da Papa Francesco a noi tutti: considerare la fraternità universale, basata sulla dignità della persona umana, come un fattore fondamentale e indispensabile per costruire un dialogo per la pace. Una pace vera e duratura sarà possibile solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana (Ft 127). 
 
Dialogo interreligioso per promuovere l'unità, l'armonia e la pace 
Una delle sfide nel contesto delle nuove prospettive nel dialogo interreligioso, è proprio la promozione di una grande collaborazione reciproca per costruire una società più pacifica e armoniosa, rivolgendoci al movimento globale dei popoli che sorge da una varietà di situazioni mondiali. In termini concreti, ciò significa lavorare insieme per promuovere la dignità di ogni persona attraverso l'impegno per la giustizia. Infatti, i credenti, seguendo le rispettive tradizioni, richiamano l'attenzione sulla verità del carattere sacro e della dignità della persona. Questa è la base del nostro reciproco rispetto e stima e la condizione di servizio per la collaborazione per la pace tra le nazioni e i popoli, il desiderio più forte di ogni credente e di ogni persona di buona volontà. 
La prospettiva, dunque, e lo scopo del dialogo, è che attraverso un'autentica collaborazione tra i credenti si possa operare per contribuire al bene di tutti, lottando contro le tante ingiustizie che ancora affliggono questo mondo e condannando ogni forma di violenza. Il dialogo interreligioso aiuterà a costruire una cultura dell'incontro e della fraternità se ci sforziamo davvero di trovare punti di contatto condivisi per promuovere il lavoro per il bene comune. 
Per fraternità si intendono le relazioni umane fondamentali che attingono dalla profondità del senso della famiglia – quella di sorella o di fratello – non solo la comunione o l'amicizia, ma soprattutto il legame inestricabile che è la famiglia umana. Ma fraternità non può significare un rapporto esclusivo con il mio gruppo, comunità, cultura, religione, ma inclusivo di tutta l'umanità. Nella sua Enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2021) Papa Francesco ha scritto che essere artigiani di pace è un compito che dobbiamo condividere con i credenti di altre tradizioni religiose, affinché si affermi una cultura dell'incontro e il dialogo interreligioso abbia un futuro. 
Le persone appartenenti a religioni diverse devono dimostrare che la religione non è un problema ma parte della soluzione per portare armonia e pace nella società attraverso la collaborazione interreligiosa. L'armonia va coltivata e la pace deve essere accolta come dono di Dio, costruita dagli uomini in ogni circostanza. 
Dobbiamo offrire la nostra collaborazione alle società in cui viviamo e condividere con tutti i nostri valori comuni e le nostre convinzioni più profonde per difendere e promuovere la pace e la giustizia, la dignità umana e la protezione dell'ambiente. Ne consegue che il dialogo interreligioso sta diventando sempre più necessario, non certo un lusso o un accessorio, per aiutare questo mondo a trovare la pace. 
 
Conclusione 
Papa Giovanni XXIII scriveva 60 anni fa: "Il mondo deve essere educato ad amare la Pace, a costruirla e difenderla. Dobbiamo suscitare negli uomini del nostro tempo e delle generazioni future il senso e l'amore della Pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà e sull'amore” (cfr. Popa Giovanni XXIII, Pacem in terris). Sessant'anni dopo, queste parole ci impressionano ancora per la loro attualità. Possiamo infatti affermare che il nostro mondo ha bisogno di una rinnovata ondata di amore capace di compassione, tenerezza, attenzione, perdono e fraternità. 
Attraverso i nostri sforzi nel dialogo interreligioso, come membri di un'unica famiglia umana, siamo chiamati a promuovere la dignità di ogni persona, riconoscendola come sorella o fratello, in ogni momento e in qualsiasi parte del mondo. 
Papa Francesco nel suo discorso alla Conferenza Globale della Fratellanza Umana ha detto: "È giunto il momento in cui le religioni dovrebbero impegnarsi più attivamente, con coraggio e audacia, e senza pretese, per aiutare la famiglia umana ad approfondire la capacità di riconciliazione, la visione della speranza e i percorsi concreti di pace.” (Discorso di Papa Francesco, Conferenza Globale della Fratellanza Umana, Founder's Memorial Abu Dhabi, 4.2.2019). 
Siamo chiamati a proseguire instancabilmente questo cammino di dialogo interreligioso, con coraggio e audacia, nello sforzo di aiutarci a vicenda a superare tensioni e incomprensioni, luoghi comuni e stereotipi che generano paura e contrapposizione. In questo modo, incoraggeremo la crescita di uno spirito fecondo e rispettoso di cooperazione e di pace. 
Grazie mille per il vostro interesse e attenzione.

11 SETTEMBRE 2023 16:00 | HUMBOLDT CARRÈ

Intervento di Indunil J. K. Kodithuwakku



 

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Indunil J. K. Kodithuwakku

Dicastero per il Dialogo Interreligioso, Santa Sede
 biografia
Eminenze, Eccellenze, 
Distinte Autorità, 
Cari fratelli e sorelle, 
 
È un grande onore per me essere qui oggi, come Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, che opera per promuovere il dialogo tra persone appartenenti a diverse tradizioni religiose. Sono lieto di partecipare a questo importante Incontro Internazionale "L'audacia della pace" promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e desidero anche ringraziare tutti gli organizzatori per l'invito e la città ospitante di Berlino. 
Questa capitale è una città che nella sua storia è stata segnata da molte tragedie, ma che è anche un simbolo di unità e riconciliazione. Unità e riconciliazione che anche l'iniziativa di Popoli e Religioni, dal 1987 ad oggi, vuole promuovere con perseveranza e audacia portando avanti e proponendo lo 'spirito di Assisi' a credenti e non credenti. 
Il mondo deve ancora riprendersi da una devastante pandemia di Covid-19. Tragicamente, la guerra in Ucraina e altre guerre e conflitti in corso, così come il cambiamento climatico, colpiscono tutti, peggiorando le condizioni della nostra umanità, già devastata e martoriata, e del pianeta. 
Nella pandemia abbiamo capito che tutto ci riguarda, che è proprio vero che siamo tutti sulla stessa barca e che l'unica via di uscita è diventare tutti fratelli e sorelle. Di fronte al dramma della guerra, comprendiamo il rischio che corre oggi l'intera famiglia umana, perché la guerra "non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante" (Fratelli Tutti 256). Sono convinto che il dialogo tra le religioni non sia un segno di debolezza, ma una manifestazione del dialogo di Dio con l'umanità e che la fraternità è una sfida per tutta l'umanità. 
 
Promuovere l'unità e l'amore tra gli esseri umani 
Il concetto di dialogo non era una questione marginale per i Padri del Concilio Vaticano II (1962-1965). Oltre al dialogo ecumenico (cioè al dialogo con gli altri cristiani), che è costantemente sottolineato nei documenti del Concilio, la necessità del dialogo con i credenti di altre religioni è un tema ricorrente nei documenti conciliari quali  la Nostra Aetate (28 ottobre 1965), la Dichiarazione sul rapporto della Chiesa con le religioni non cristiane, che è considerata come la Magna Charta del dialogo interreligioso. Le basi dottrinali del dialogo interreligioso sono stabilite nel documento sulla Chiesa  (Lumen gentium), mentre quello sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae) enuncia i principi di rispetto e stima per l'innata dignità umana di ogni persona su cui si fonda l'idea di dialogo. 
La dichiarazione conciliare Nostra Aetate incoraggia i cristiani a " promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli esaminando tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino" (NA, 1). Questo documento indica l'origine comune e il fine ultimo di tutti gli uomini, cioè Dio, come punto di partenza per costruire la pace nel mondo e l'armonia nella società. Manifestando il suo desiderio di relazionarsi rispettosamente con i fedeli di altre religioni, la Chiesa esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi. (NA, 2). 
La Chiesa desidera impegnarsi in relazioni interreligiose amichevoli perché considera questa una parte importante del suo mandato. Nel suo dialogo la Chiesa parla ai seguaci di altre religioni perché Dio per primo ha parlato all'umanità nel suo Figlio, e Dio continua a comunicare a tutto il genere umano, in particolare attraverso la sua Chiesa, un messaggio di bontà, perdono e pace. 
Inoltre, il dialogo di Dio con l'umanità serve come forma e modello per ogni dialogo.
 
Papa Francesco: promuovere una "cultura del dialogo" attraverso il rispetto reciproco, l'amicizia e la fraternità. 
Vivere la propria identità nel "coraggio dell'alterità" è la soglia che la Chiesa di Papa Francesco ci chiede oggi di varcare. Nel suo primo discorso ai rappresentanti dei cristiani e dei credenti di diverse religioni, il Papa sottolinea che la pietra angolare di ogni dialogo è l'amicizia e il rispetto: “La Chiesa cattolica è consapevole dell'importanza di promuovere l'amicizia e il rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose (…)” (Ai rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse religioni 17 marzo 2013). Un'amicizia e un rispetto solidi e genuini aprono poi la strada ad un dialogo attivo. Attraverso il dialogo, il Papa cerca di promuovere una cultura dell'incontro: Significa che come popolo ci appassiona incontrare gli altri, cercare punti di contatto, gettare ponti, progettare qualcosa che coinvolga tutti. Questo è diventato un’aspirazione e uno stile di vita. (FT 216). 
Papa Francesco ci ha invitato a concentrarci sul dono dell'amicizia interreligiosa, sia con il suo esempio che con le sue parole. Nel suo incontro con il Consiglio musulmano degli anziani in Bahrain, ha dichiarato: “Credo che sempre più abbiamo bisogno di incontrarci, di conoscerci e stimarci, di anteporre la realtà alle idee, le persone alle opinioni, l'apertura al cielo alle differenze sulla terra.” (4 novembre 2022). In questo modo, egli mantiene al centro del suo dialogo, il cammino dell'abbracciare sia la trascendenza che la fraternità umana. 
Per la Chiesa cattolica, il dialogo tra le diverse tradizioni religiose ha un suo valore intrinseco, non nasce da tattiche o interessi nascosti. Il suo scopo principale è quello di consentire alle persone di diverse religioni di vivere in armonia e pace, di capirsi meglio, di lavorare insieme per il bene dell'umanità e di aiutarsi a vicenda a rispondere alla chiamata di Dio. 
Questa è la sfida lanciata da Papa Francesco a noi tutti: considerare la fraternità universale, basata sulla dignità della persona umana, come un fattore fondamentale e indispensabile per costruire un dialogo per la pace. Una pace vera e duratura sarà possibile solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana (Ft 127). 
 
Dialogo interreligioso per promuovere l'unità, l'armonia e la pace 
Una delle sfide nel contesto delle nuove prospettive nel dialogo interreligioso, è proprio la promozione di una grande collaborazione reciproca per costruire una società più pacifica e armoniosa, rivolgendoci al movimento globale dei popoli che sorge da una varietà di situazioni mondiali. In termini concreti, ciò significa lavorare insieme per promuovere la dignità di ogni persona attraverso l'impegno per la giustizia. Infatti, i credenti, seguendo le rispettive tradizioni, richiamano l'attenzione sulla verità del carattere sacro e della dignità della persona. Questa è la base del nostro reciproco rispetto e stima e la condizione di servizio per la collaborazione per la pace tra le nazioni e i popoli, il desiderio più forte di ogni credente e di ogni persona di buona volontà. 
La prospettiva, dunque, e lo scopo del dialogo, è che attraverso un'autentica collaborazione tra i credenti si possa operare per contribuire al bene di tutti, lottando contro le tante ingiustizie che ancora affliggono questo mondo e condannando ogni forma di violenza. Il dialogo interreligioso aiuterà a costruire una cultura dell'incontro e della fraternità se ci sforziamo davvero di trovare punti di contatto condivisi per promuovere il lavoro per il bene comune. 
Per fraternità si intendono le relazioni umane fondamentali che attingono dalla profondità del senso della famiglia – quella di sorella o di fratello – non solo la comunione o l'amicizia, ma soprattutto il legame inestricabile che è la famiglia umana. Ma fraternità non può significare un rapporto esclusivo con il mio gruppo, comunità, cultura, religione, ma inclusivo di tutta l'umanità. Nella sua Enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2021) Papa Francesco ha scritto che essere artigiani di pace è un compito che dobbiamo condividere con i credenti di altre tradizioni religiose, affinché si affermi una cultura dell'incontro e il dialogo interreligioso abbia un futuro. 
Le persone appartenenti a religioni diverse devono dimostrare che la religione non è un problema ma parte della soluzione per portare armonia e pace nella società attraverso la collaborazione interreligiosa. L'armonia va coltivata e la pace deve essere accolta come dono di Dio, costruita dagli uomini in ogni circostanza. 
Dobbiamo offrire la nostra collaborazione alle società in cui viviamo e condividere con tutti i nostri valori comuni e le nostre convinzioni più profonde per difendere e promuovere la pace e la giustizia, la dignità umana e la protezione dell'ambiente. Ne consegue che il dialogo interreligioso sta diventando sempre più necessario, non certo un lusso o un accessorio, per aiutare questo mondo a trovare la pace. 
 
Conclusione 
Papa Giovanni XXIII scriveva 60 anni fa: "Il mondo deve essere educato ad amare la Pace, a costruirla e difenderla. Dobbiamo suscitare negli uomini del nostro tempo e delle generazioni future il senso e l'amore della Pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà e sull'amore” (cfr. Popa Giovanni XXIII, Pacem in terris). Sessant'anni dopo, queste parole ci impressionano ancora per la loro attualità. Possiamo infatti affermare che il nostro mondo ha bisogno di una rinnovata ondata di amore capace di compassione, tenerezza, attenzione, perdono e fraternità. 
Attraverso i nostri sforzi nel dialogo interreligioso, come membri di un'unica famiglia umana, siamo chiamati a promuovere la dignità di ogni persona, riconoscendola come sorella o fratello, in ogni momento e in qualsiasi parte del mondo. 
Papa Francesco nel suo discorso alla Conferenza Globale della Fratellanza Umana ha detto: "È giunto il momento in cui le religioni dovrebbero impegnarsi più attivamente, con coraggio e audacia, e senza pretese, per aiutare la famiglia umana ad approfondire la capacità di riconciliazione, la visione della speranza e i percorsi concreti di pace.” (Discorso di Papa Francesco, Conferenza Globale della Fratellanza Umana, Founder's Memorial Abu Dhabi, 4.2.2019). 
Siamo chiamati a proseguire instancabilmente questo cammino di dialogo interreligioso, con coraggio e audacia, nello sforzo di aiutarci a vicenda a superare tensioni e incomprensioni, luoghi comuni e stereotipi che generano paura e contrapposizione. In questo modo, incoraggeremo la crescita di uno spirito fecondo e rispettoso di cooperazione e di pace. 
Grazie mille per il vostro interesse e attenzione.

Markus Dröge

Vescovo evangelico, Germania
 biografia
I
 
Per me è una gioia speciale che quest’anno l’Incontro Internazionale per la Pace delle Religioni e Culture, abbia luogo a Berlino. Sono stato per 10 anni, dal 2009 al 2019, vescovo evangelico di questa città. Forse alcuni di voi si stupiranno del fatto che a Berlino il gruppo più numeroso di credenti siano i cristiani evangelici. Così che io come vescovo protestante, ero il responsabile spirituale della più grande comunità religiosa di questa città. Berlino è tradizionalmente evangelica, dal tempo della Riforma. Fino a più di 100 anni fa, il re prussiano era addirittura allo stesso tempo anche vescovo evangelico.
 
Mi sento legato alla comunità di Sant’Egidio sin dall’inizio del mio episcopato. Mi colpisce la forza spirituale, il lavoro della comunità per la pace e la riconciliazione, il coraggio e la speranza che Sant’Egidio irradia. Ho preso parte a molti incontri per la pace, in molte metropoli europee, e ora sono molto contento che l’incontro 2023, sia a Berlino.
 
E’ un grande merito della comunità aver nutrito l’eredità della Preghiera per la Pace di Assisi di Papa Giovanni Paolo II con le conferenze annuali per la pace. Perchè Giovanni Paolo ha saputo riconoscere con grande lungimiranza la posta in gioco oggi: le religioni devono unirsi per servivano la pace. Dietro a questo c’era la consapevolezza che non è scontato che le religioni servono naturalmente la pace. Possono anche essere sfruttate. Poi si sono divise, si sono acuite le contraddizioni delle culture, alimentando un dannoso nazionalismo e legittimando l’odio.
 
Poiché la religione è ambivalente, le religioni devono incoraggiarsi, stimolarsi, motivarsi a vicenda, per rafforzare le loro forze spirituali di riconciliazione e di pace. Un avvenimento molto speciale è stato dunque quando ad Abu Dhabi nel 2019 è stato firmato il testo sulla “Fratellanza umana” dal Grande Imam Al Tayeb e da Papa Francesco: tutti gli uomini sono fratelli e sorelle davanti a Dio! Io credo che il mondo non ha ancora afferrato, quanto questo testo sia significativo per il futuro.
 
II
 
Qui a Berlino si dibatte pubblicamente degli effetti delle religioni. La maggioranza qui a Berlino è scettica nei confronti di chi vive la propria religione in modo consapevole e pubblico. Si sospetta che la religione sia causa di discordia piuttosto che di riconciliazione.
 
Ciò diventa chiaro con un esempio: a Berlino esiste una legge,” Legge sulla neutralità”. Vieta agli insegnanti di indossare segni religiosi a meno che non siano insegnanti di religione. Così una insegnante musulmana non può indossare il velo in classe, un insegnante ebreo non può indossare la kippah; una insegnante cristiana non può indossare nessuna croce. Un’insegnante musulmana ha intrapreso un’azione legale contro questo provvedimento presso la Corte Costituzionale e ha ottenuto il suo diritto.
 
Secondo la sentenza della più alta corte tedesca, non può essere vietato di indossare il velo,
 
Il divieto può essere imposto solo se si può dimostrare che l’uso del velo mette in pericolo la pace a scuola.
 
La situazione al momento a Berlino è questa:
 
La legge è ancora in vigore, ma non viene applicata in modo conseguente. Questo esempio mostra che le persone che praticano una religione sono sotto osservazione: anche se porto una croce, sono davvero tollerante, pacifico, neutrale verso tutte le persone? O non sono forse segretamente intollerante e metto in pericolo la pace perché mi elevo al di sopra delle altre religioni e culture? Questo esempio chiarisce quanto la forza della religione sia percepita in modo ambivalente qui a Berlino. In questa situazione, il dialogo tra le religioni è estremamente importante! Le persone che si considerano religiose, che sono radicate nella loro fede e che in essa trovano senso, forza e orientamento per la loro vita, devono dimostrare che la loro spiritualità è una forza di pace. Devono semplicemente mostrare pubblicamente il modo in cui dialogano tra loro, si rispettano e contribuiscono insieme alla soluzione dei problemi della società. Anche in questo caso, cito alcuni esempi: un esempio è stata la funzione in memoria delle vittime che abbiamo celebrato un giorno dopo l’attacco terroristico al mercatino di Natale di Breitscheidplatz il 19 dicembre 2016. In un solo giorno abbiamo preparato questa celebrazione in TV insieme ai fratelli e alle sorelle musulmani ed ebrei per mostrare molto chiaramente che: Siamo uniti contro l’odio e la violenza! 
 
Questo è stato molto importante per non lasciare il campo a chi vuole mettere in contrapposizione religioni e culture. Le celebrazioni interreligiose in occasione di eventi pubblici fanno parte della vita sociale di Berlino.
 
Il secondo esempio è la HOUSE OF ONE (la casa dell’Uno). A Berlino, si sta costruendo una casa per le tre religioni monoteiste: Ebrei, Cristiani e Musulmani. Ci saranno tre diversi spazi spirituali dove le religioni potranno celebrare ognuna nella propria tradizione in modo non confuso. E ci sarà uno spazio per eventi, incontri, mostre, seminari e molto altro.
 
Qui si dimostrerà pubblicamente quale effetto può produrre la convivenza delle religioni.
 
Come terzo esempio, vorrei citare una conversazione toccante che ho avuto durante un viaggio nel nord dell'Iraq nel marzo di quest'anno: ho parlato con un vescovo cristiano che aveva fatto un dottorato sulla religione degli yazidi e aveva acquisito una profonda conoscenza di questa religione pacifica. In quanto cristiano, ora è molto impegnato a lavorare insieme agli Yazidi per una società che protegga le minoranze religiose. La comprensione reciproca è una forza di pace.
 
Credo quindi che tutte le religioni si trovino oggi di fronte al compito di dimostrare la loro capacità di pace, il loro potere di riconciliazione, il loro orientamento etico verso la dignità umana, molto più chiaramente di prima.
 
Lo scetticismo di fondo nei confronti degli effetti della religione non esiste solo a Berlino, ma in molti luoghi del mondo.  Le religioni sono messe alla prova. Devono dimostrare cosa possono fare per la pace.
 
Perché il dialogo interreligioso è una risorsa per la pace? Il dialogo interreligioso sprigiona una forza motivante per impegnarsi per la pace. E dimostra che la pace è possibile, perché le persone sono disposte a conoscere le convinzioni dell'altro, a rispettarle e a rispettare il prossimo come fratello e sorella di fronte a Dio, anche se ha una convinzione religiosa diversa.
 
Questo può evitare che la diffamazione religiosa si trasformi in odio e l'odio in violenza.
 
Quando il Grande Imam Al Tayeb del Cairo ha visitato Berlino nel 2017, l’anno dell’anniversario della
 
Riforma, ho avuto occasione di incontrarlo per un colloquio. Mi disse:” Noi - e intendeva i musulmani - abbiamo bisogno di voi per lottare contro l’uso improprio della nostra religione per l’odio e la violenza.
 
Possiamo vincere questa battaglia solo insieme.”
 
E questo vale anche per noi: Noi cristiani abbiamo bisogno di voi, dei musulmani, degli ebrei, delle altre religioni, affinché nel dialogo possiamo reciprocamente rinforzarci per utilizzare insieme le nostre forze spirituali positive in aiuto all’ assenza di pace del nostro mondo.



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15/09/2023 19:41




Naftali Haleve


Membro del Consiglio Rabbinico d'America e della Conferenza dei Rabbini d'Europa, Turchia
 biografia
Cari amici,
 
oggi, in quanto relatori di questa sessione, affermiamo tutti e tutte di rappresentare, ognuno a suo modo, i vari credo, che sono più o meno diversi e definiti da proprie caratteristiche..
 
Comunque, che li si definisca “interculturali”, “tra civiltà” o “interreligiosi”, tutti e tutte noi qui presenti siamo personalmente coinvolti in studi sul “Dialogo”, e se D-o lo vuole, noi ci uniremo a loro.
 
Parlo per me stesso se dico: non abbiamo ancora raggiunto il risultato sperato in questo ambito, ma sono lieto di vedere che abbiamo fatto grandi passi avanti, anche grazie ai nuovi sforzi di “Dialogo” intorno a noi.
 
Dobbiamo ricordare che il “Dialogo” è un cammino senza fine guidato dalla speranza. E’ un qualcosa che deve essere sostenuto.
 
Personalmente credo sia necessario evidenziare accuratamente che il “Dialogo” è sì necessario e di estrema importanza nelle presenti circostanze, ma il “Dialogo” rappresenta solo uno strumento e non l'obiettivo finale.
 
il “Dialogo” è solo un modo, seppure importante, per raggiungere l’obiettivo di “Creare la cultura della Convivenza insieme”, che aprirà la strada alla “Coesistenza” e al “Vivere insieme”, all’insegna della pace e della cooperazione.
 
Quello che intendo è: nonostante la distanza che sembra separarci dal traguardo e nonostante l’impegno richiesto per raggiungerlo, dobbiamo evitare di commettere l’errore di sostituire all’obiettivo finale qualsiasi mezzo o di rendere quel mezzo l’obiettivo finale.
 
Lo scopo principale è “Creare una cultura di coesistenza pacifica”. E il “Dialogo” è solo una delle strade percorribili. Si tratta di un bisogno del nostro tempo, proprio come l’istruzione, la comprensione, il rispetto reciproco, la giustizia e la necessità di garantire pari opportunità. in sintesi, è necessario per garantire in qualsiasi ambito un approccio umano e civile. Potreste anche considerare tutti questi elementi come ciò che porta il “Dialogo” a un livello superiore.
 
Dopo aver chiarito questi presupposti, possiamo concentrarci sugli atteggiamenti da seguire tutti e tutte per aumentare la cooperazione ed eliminare razzismo, xenofobia e intolleranza.
 
Cari amici,
 
anche chi tra noi desidera di più l’affermazione e lo sviluppo della cultura della “Coesistenza”, e chi prende parte ai maggiori sforzi in tal senso, considera spesso non necessario indicare le proprie previsioni riguardo il terreno dove potrebbe germogliare la “Coesistenza”. Esprimiamo la nostra opinione direttamente sulle istituzioni sovrastrutturali, come se ci fosse una convergenza di opinioni già ben definite sull’argomento.
 
In ogni caso, la solidità e la stabilità di una struttura non possono essere valutate senza tener conto del terreno su cui si è costruito. In altre parole, non importa con quanta precisione sia stata costruita, non si può avere la certezza della solidità di una struttura, se essa viene costruita in condizioni ambientali avverse e su un terreno non abbastanza solido.
 
Tenterò di condividere con voi ciò che, dal canto mio, spero di veder germogliare su questo terreno, e ciò che sarebbe necessario per renderlo fertile, permettendo alla cultura della “coesistenza” di affondarvi le sue radici. Non c’è dubbio: queste mie speranze devono essere arricchite, integrate e perfezionate. Speriamo, anche con le nostre preghiere, che l'Onnipotente i guidi e ci aiuti in questo nostro intento.
 
Cari amici,
 
personalmente credo fermamente che la cultura della “Coesistenza” possa esistere solo in un ambiente in cui ci sono un desiderio e una volontà comune a lei favorevoli. Posto questo come elemento più alto e più irrinunciabile, sperando di consolidare l'esistenza di una volontà comune riguardo questa problematica, vorrei portare la vostra attenzione sui seguenti punti:
 
penso che uno dei pilastri della “coesistenza”, forse il più importante, è l’insieme dei valori di origine divina acquisiti attraverso l’esperienza umana, che potremmo definire “Valori morali universali”, sui quali sono fondati i nostri credo.
 
Non è possibile per le istituzioni e le associazioni non direttamente legate a un sistema di valori morali compensare in qualsiasi altro modo queste mancanze, neppure con le leggi.
 
Ritengo che una delle più importanti condizioni per la formazione della cultura della “Coesistenza” sia “Porre fine alla alienazione”. Distinguere tra “Io e quelli come me” e “Io e quelli che non sono come me”, ovvero “gli Altri”, è sostanzialmente l’ostacolo più insormontabile alla formazione della cultura della “Coesistenza”.
 
La logica dietro il meccanismo “Noi nel giusto / Loro nel torto” finisce per creare la contraddizione tra “Noi” e “Loro”. Dal momento che siamo tutti fatti e fatte della stessa sostanza, dobbiamo dare per acquisito che nessuno di noi ha il diritto di rivendicare una qualche superiorità o precedenza su un altro essere umano. Non dimentichiamolo mai.
 
Penso che i valori alla base delle istituzioni pubbliche ed organizzazioni sono i “Comportamenti reciproci”, basati su “Benefici comuni” e “Interessi comuni”. Stabilire, sviluppare e mantenere una cultura della ”Coesistenza” è direttamente collegato al grado in cui i “Comportamenti reciproci” vengono applicati con trasparenza, assiduità e disponibilità. Credo che le tre parole chiave siano: Trasparenza, Assiduità e Disponibilità. In questo terreno può affondare le sue radici una cultura della “Coesistenza”.
 
Sono sicuro che conveniamo tutti che non è necessario ribadire che “Democrazia”, “Giustizia”, “Uguaglianza”, e “Libertà”, intese nel senso più ampio, siano le basi per la creazione di una cultura di "Coesistenza". Vorrei però sottolineare l'importanza del concetto di “Libertà di Parola e di Credo”.
 
Il concetto di “Libertà di Parola e Credo” non può essere ridotto alla libertà individuale religiosa o di pensiero: dovrebbe garantire a ogni individuo di trasmettere liberamente il proprio pensiero e le proprie idee nella vita quotidiana, senza che vi sia la minima possibilità di essere discriminati.
 
Bisogna ora sottolineare alcuni aspetti cruciali: una giusta condivisione dei profitti e delle ricchezze, parità di accesso all'istruzione, ricorso a cure medico-sanitarie, lotta radicale alla malnutrizione e alla fame, alla dipendenza dalle droghe, alla violenza su donne e bambini e opposizione al terrorismo, specialmente se indotto da motivazioni etnico-religiose.
 
Non penso che sia possibile dire di nutrire speranze nel futuro, finché tutto ciò accade, o almeno finché c’è una consapevolezza granitica dell’inevitabilità di tutte queste ingiustizie.
 
 
 
Cari amici,
 
se dovessi riassumere i miei pensieri, senza occupare più del tempo a mia disposizione in questo fitto programma, vorrei ricordare come le fondazioni volte alla formazione di una cultura della “Coesistenza” dipendono strettamente dalla ricerca delle “Aree comuni” a persone di tutto il mondo, e il loro graduale sviluppo.
 
Gli umani sono umani, senza distinzione di genere, credo, etnia, colore della pelle, nazionalità o luogo di residenza. Anche se possono sembrare diversi, i loro bisogni sono molto simili, se non addirittura gli stessi. Soprattutto, senza distinzione di genere, credo, etnia, colore della pelle, nazionalità o luogo di residenza, gli esseri umani sono fatti della stessa sostanza, e nessuno ha in diritto di comportarsi come se avesse una qualche superiorità, di escludere, umiliare o relegare ai margini gli altri.
 
Se vogliamo definire un “Messaggio cardine” da diffondere nel mondo, credo che questo dovrebbe includere ciò che ho appena tentato di riassumervi.
 
Vorrei scrivere “angoscia” sulla pioggia in modo che se ne vada con il vento.
Vorrei scrivere “odio” sulla neve in modo che possa essere cancellato quando si scioglie.
Vorrei scrivere “amore” sui bambini perché possano riempire il mondo e portare la vera pace.
 
Quindi dobbiamo insegnare ai nostri figli solo l'amore, non l'odio.
 
Vi ringrazio per l’ascolto e la pazienza.

Yenny Zannuba Wahid

Wahid Institute, Indonesia
 biografia
Eccellenze
Ospiti illustri
Signore e signori
 
Grazie per avermi invitato qui. È davvero un piacere e un privilegio essere qui, scambiando idee e opinioni su come rendere il nostro mondo più pacifico e sicuro per tutti.
Molti anni fa ho conosciuto la comunità di Sant'Egidio attraverso mio padre, il presidente Wahid, il 4 ° presidente dell'Indonesia, che ha partecipato a molte delle conferenze ed è stato uno dei primi sostenitori del dialogo interreligioso come un modo per promuovere la pace. Non è stato senza problemi in quanto era un leader di una grande comunità musulmana, il Nahdlatul Ulama, che ora ha una base di circa 100 milioni di membri. C'erano persone che non capivano il suo pensiero e pensavano svendesse la nostra religione. Ma con il tempo e la convinzione ha continuato la lotta, e ora, il dialogo interreligioso è visto come una necessità in qualsiasi società, come un modo per costruire ponti in un mondo sempre più divergente.
 
Questa particolare conferenza è davvero molto toccante per me personalmente perché proseguo l'eredità di mio padre. 
 
Signore e signori, 
 
In un mondo che sta diventando sempre più interconnesso, è fondamentale riconoscere e apprezzare le diverse credenze e tradizioni religiose che esistono tra di noi. Promuovendo la comprensione e il rispetto attraverso il dialogo interreligioso, possiamo aprire la strada verso una coabitazione armoniosa nella nostra comunità globale.
 
Innanzitutto, il dialogo interreligioso serve come mezzo per smantellare le barriere che ci dividono. Incoraggia le persone di diversa provenienza religiosa a riunirsi e impegnarsi in dialoghi aperti e onesti. Attraverso questi dialoghi, i pregiudizi e le idee sbagliate possono essere dissipati, favorendo un ambiente di empatia e comprensione. Cercando un terreno comune e concentrandoci su valori condivisi, possiamo costruire ponti di comprensione che trascendono le differenze religiose.
 
Inoltre, il dialogo interreligioso funge da catalizzatore per risolvere i conflitti e promuovere la pace. Impegnandoci in dialoghi rispettosi, creiamo opportunità di riconciliazione e coesistenza pacifica. La storia ci ha mostrato il potere del dialogo nel risolvere conflitti religiosi profondamente radicati, promuovere la coesione sociale e prevenire l’aumento della violenza. Incoraggiando il dialogo tra leader religiosi, studiosi e gente comune, possiamo lavorare per trovare soluzioni comuni alle sfide che affrontiamo come società globale.
 
Inoltre, il dialogo interreligioso alimenta un senso di unità e cooperazione tra le diverse comunità religiose. Ci aiuta a riconoscere che siamo tutti interconnessi e che il nostro benessere come individui e come società è intrecciato. Celebrando le nostre differenze e abbracciando la nostra umanità condivisa, possiamo costruire relazioni basate sulla fiducia, la tolleranza e il rispetto reciproco. Tali relazioni forniscono una solida base per la collaborazione nell'affrontare questioni globali, tra cui la povertà, i cambiamenti climatici e l'ingiustizia sociale. Solo attraverso l'azione collettiva possiamo raggiungere un mondo più pacifico e prospero per tutti.
 
Ma la domanda è: come possiamo portare questi nobili obiettivi e meccanismi a un livello operativo sostenibile? 
 
Diversi anni fa, noi della Fondazione Wahid abbiamo lanciato un'iniziativa chiamata The Peace Village Initiative. 
 
L'iniziativa Peace Village è sviluppata come un programma specifico per portare il dialogo interreligioso a livello comunitario e allo stesso tempo mettere le donne e i giovani al centro della trasformazione della società. Abbiamo avviato la Peace Village Initiative nel 2013, su piccola scala, con la semplice idea che una base femminile  possa svolgere un ruolo importante nell'aumentare il benessere e la coesione della comunità, a condizione che le donne abbiano accesso a reti, competenze e supporti sociali adeguati. Da allora, anno dopo anno, la nostra iniziativa è cresciuta e ha attirato molti sostenitori.
 
Il progetto Peace Village è stato sostenuto da numerosi attori, dal governo ad organismi internazionali, ambasciate e aziende private, fino a quando nel 2017 abbiamo ottenuto un significativo sostegno da parte di UN Women che ci ha permesso di espandere il nostro programma a molti altri villaggi.
 
La Peace Village Initiative è iniziata con l'idea che la pace e la tolleranza non possono essere date per scontate. La pace e la tolleranza sono create e ricreate dalla nostra società attraverso un'azione continua. I conflitti sociali non si verificano a causa di semplici differenze di religione, etnia, lingua o orientamento politico. Sono innescati da un sentimento collettivo di essere scartati, marginalizzati o abbandonati.
 
Pertanto, Peace Village affronta questo problema in modo olistico. Il nostro programma impiega un metodo ben congegnato che combina quattro componenti vitali nella costruzione di una pace duratura e della resilienza nella comunità:
(1) emancipazione economica,
(2) emancipazione delle donne,
(3) meccanismo sociale di costruzione della pace e
(4) ambiente sostenibile.
 
Facciamo tutto questo in modo molto localizzato, rispettando le culture locali, e trattiamo le tradizioni del villaggio come la nostra forza, coinvolgendo i capi religiosi e comunitari locali in molte delle nostre attività.
 
Iniziamo creando gruppi di donne e supportandoli con programmi di micro-finanziamento e imprenditorialità, con formazione su alfabetizzazione finanziaria, competenze imprenditoriali, marketing, produzione, igiene alimentare, etichettatura, imballaggio e permessi. Creiamo una cooperativa chiamata Wahid Peace-Loving Cooperative (Koperasi Cinta Damai) per sostenere l'accesso delle donne al capitale e per fornire uno spazio comune e sicuro per l'interazione tra membri di diverse religioni ed etnie. L'emancipazione economica serve come punto di accesso per un intervento più in profondità.
 
Il successivo livello di formazione va oltre gli argomenti economici per educare le donne alla costruzione della pace e all'uguaglianza di genere. Ciò include i nove valori del presidente Wahid, la comprensione e l'analisi dei conflitti e della pace e la specificazione del loro ruolo di agenti di pace.
 
Una volta che i gruppi di donne sono stati istituiti e la formazione è iniziata, la fase successiva si concentra sul sostegno alle donne per sviluppare iniziative comunitarie per promuovere la pace e diventare soggetti attivi e leader nei meccanismi decisionali e di governo locali. Ciò richiede che le donne che collaborino con funzionari del governo locale e con i rappresentanti della comunità per formare un gruppo di lavoro. 
Ricordo, una delle donne dell'isola di Madura, che prima era invisibile, ora invece è diventata una delle donne più in vista nella riunione di governo del villaggio.  
 
Ora, in alcuni villaggi, incorporiamo anche le questioni relative al cambiamento climatico alle azioni a livello comunitario. Sappiamo che la crisi climatica colpisce tutti noi, ma raramente portiamo questo problema in un linguaggio comprensibile per le comunità di base che sono le persone più colpite. E, ancora, le donne diventano un attore mobilitante per sensibilizzare le comunità sulla sostenibilità ambientale. Introduciamo l'idea di "amore verde", in cui le coppie che si sposano devono piantare un albero come simbolo dell'impegno per un amore duraturo e per sostenere l'ambiente.
 
Attualmente, Peace Village Initiative lavora in 30 villaggi in 5 province dell'Indonesia e ha raggiunto milioni di persone, sostenendo migliaia di gruppi comunitari guidati da donne e facilitando l’azione di centinaia di donne come agenti di pace. Molti colleghi provenienti da diversi paesi hanno visitato i nostri Villaggi della Pace, hanno ricevuto ispirazione e mostrato interesse a replicare questo programma nei loro contesti.
 
Quello che vorrei sottolineare qui è che possiamo contribuire alla pace nel mondo attraverso un'azione molto localizzata. Capisco che oggi stiamo affrontando molte sfide su scala globale: cambiamenti climatici, crisi energetica, disuguaglianza economica, estremismo violento, politiche identitarie e molte altre crisi sociali, economiche e politiche. Anche se non possiamo affrontare tutte queste sfide contemporaneamente, credo che possiamo superarle rafforzando la nostra resilienza. E un modo strategico è quello di dare potere alle donne e ai giovani, fino a quando il resto della popolazione sarà ispirato ad agire, e si creeranno movimenti più ampi.
L'audacia della pace può concretizzarsi se osiamo intraprendere azioni pacifiche concrete nel nostro mondo più vicino. 
 
Grazie.

[Modificato da MARIOCAPALBO 15/09/2023 19:43]
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