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Forum 8 - Persone migranti: dalla crisi umanitaria alle politiche di integrazione

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2023 18:41
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Città: CORIGLIANO CALABRO
Età: 55
Sesso: Maschile
15/09/2023 18:41



 



José Alejandro Solalinde Guerra

Direttore di "Hermanos en camino", Messico
 biografia
Benessere e pace a tutti voi, donne e uomini di buona volontà che vi fate carico con amore delle sofferenze e delle speranze delle persone più insignificanti delle nostre società. 
 
È un dono della vita e del Creatore che noi, persone provenienti da tutto il mondo e da tutti i mondi esistenziali, ci troviamo insieme qui e ora. La vostra presenza è un dono prezioso e unico.
 
Il mio enorme ringraziamento va alla Comunità di Sant'Egidio e naturalmente al nostro grande amico e fratello esemplare, Andrea Riccardi per il suo incredibile sforzo di organizzare ogni anno questo grande evento tanto ispiratore quanto stimolante.
 
Ci stiamo nutrendo di esperienze fresche, umanistiche e spirituali. Il tema dei migranti è sempre stato presente in questi forum internazionali e oggi voglio condividere con voi qualcosa di ciò che sta accadendo in America, in Messico e nella mia casa di accoglienza per migranti (Albergue), Hermanos en el Camino, situata a Ixtepec, Oaxaca, nel sud-est messicano.
 
Il mio Paese ha circa 130 centri di accoglienza per migranti (albergues), quasi tutti gestiti dalla Chiesa cattolica e, per la sua vicinanza agli Stati Uniti, è una tappa obbligata per tutti coloro che vogliono raggiungere gli Stati Uniti, oggi come oggi una potente calamita per i migranti di quasi tutto il mondo.
 
Quest'anno, 2023, il nostro Albergue ha registrato il più alto numero di Paesi di origine della migrazione. Oltre alla ormai quotidiana trasmigrazione da Honduras, Guatemala, Salvador e Nicaragua, sono arrivate persone da tutte le Americhe e dai Caraibi, ad eccezione di Uruguay, Paraguay, Suriname, Guyana e alcune isole delle Antille.
 
Dall'Asia sono arrivati da: Cina, Russia, Uzbekistan, Afghanistan, Sri Lanka, Filippine. 
 
Dal Medio Oriente: Yemen, Iran, Iraq, Siria, Libano, Giordania, Palestina ed Egitto.
 
Dei 54 Paesi africani, 28 sono passati per l'Albergue Hermanos en el Camino: Algeria, Marocco, Egitto, Etiopia, Eritrea, Mauritania, Mali, Niger, Nigeria, Ciad, Sudan, Somalia, Senegal, Gambia, Burkina Faso, Ghana, Togo, Capo Verde, Sierra Leone, Costa d'Avorio, Camerun, Guinea Equatoriale, Gabon, Repubblica Democratica del Congo, Congo Brazzaville, Uganda, Burundi, Angola.
 
Tra i Paesi che hanno incrementato il flusso migratorio passando per il nostro Albergue nel 2023 figurano: Mauritania, Senegal, Burkina Faso, Niger, Camerun, Gabon, Angola, Cina, Honduras, Haiti, Cuba, Ecuador, Venezuela, Perù e Nicaragua.
 
Mai prima d'ora avevamo assistito all'arrivo di provenienze così diverse!
 
Il nostro team si è quindi messo a indagare sulle possibili cause: perché quest'anno e non in quelli precedenti sono passati così tanti giovani e famiglie, soprattutto africani.
 
Abbiamo parlato con loro per nazionalità, documentandoci allo stesso tempo sui loro Paesi attraverso altre fonti di informazione. Le ragioni della loro migrazione transcontinentale verso gli Stati Uniti sono state questioni economiche, violenza e desiderio di lavorare in America per una vita migliore.
 
Mentre indagavamo sui diversi Paesi africani, siamo rimasti sorpresi e profondamente commossi dal loro attuale stato di precarietà e dall'abbandono di tanti bambini e donne. Com’è duro vedere milioni di esseri umani che sopravvivono in condizioni così disumane e ingiuste, mentre siamo ormai nel XXI secolo!
 
Abbiamo scoperto che alcuni dei Paesi dei migranti che arrivano da noi sono i più poveri del mondo! BURUNDI, SUD SUDAN e MAURITANIA.
 
Poi siamo passati alla storia di questi Paesi e di altri della regione: ci siamo trovati di fronte ad anni di colonialismo, violenza, esproprio delle loro risorse, crimini contro l'umanità, schiavitù, commercio di esseri umani. 
 
Le atrocità di Inghilterra, Portogallo, Francia, Spagna, Stati Uniti, ma anche di personaggi nefasti, ambiziosi e genocidi come Leopoldo II del Belgio, sono apparse come macchie vergognose e indelebili sulla storia. Il caso di questo re cattolico descrive la dinamica dell'Europa con l'Africa: le ricchezze vengono estratte con il lavoro forzato, portate nelle metropoli e spese per una vita di lusso ed eccessi, mentre gli africani muoiono di fame e maltrattamenti. La grandezza ostentata dall'Europa è avvenuta a spese dei popoli oppressi e sfruttati del Sud del mondo.
 
E poi, naturalmente, c'è stata la Spartizione dell'Africa nel 1885, proprio qui a Berlino, quando 14 Paesi colonialisti europei decisero la spoliazione del continente nero. L'attore principale di questo crimine storico fu Leopoldo II del Belgio.
 
A causa di molti fattori, non ultimo la censura del mondo, i Paesi colonialisti hanno adottato forme di controllo più civili, estraendo ricchezza e continuando a vivere a spese dei poveri: c’è stato il passaggio dal colonialismo al neocolonialismo, con cui l'Europa continua a trattare l'Africa.
 
L'enorme contrasto, la brutale disuguaglianza tra i Paesi europei e la maggior parte di quelli africani, dimostra che il regime neocoloniale è tuttora in vigore.
 
Se dipendesse dai Paesi neocolonialisti come l'Inghilterra, la Francia, gli Stati Uniti, rimarrebbero comodamente così come sono; ma i popoli si stanno svegliando e cominciano a ribellarsi, come nel caso dei Paesi francofoni dell'Africa occidentale e centrale.
 
Il risveglio della coscienza africana di fronte al neocolonialismo europeo
 
La regione colonizzata e neocolonizzata dalla Francia si sta ribellando alle ingiustizie della metropoli: ci sono importanti movimenti politici e sociali, e allo stesso tempo i social network stanno generando una comunicazione solidale tra la popolazione delle ex-colonie, oggi sprofondata nella miseria e nell'arretratezza. Cresce la consapevolezza che questa regione francofona possiede grandi risorse che sono state utilizzate per il benessere, l'alto tenore di vita francese, ma che sono mal pagate dalla Francia. La Francia è una potenza che, come altre in Europa, ha vissuto a spese del Sud. 
 
Queste nuove crisi in Africa, tra cui la lotta per l'acqua, minacciano già di scatenare un'emigrazione di massa, nel caso di uno scontro tra Paesi francofoni, tra Egitto ed Etiopia. 
 
La soluzione all'emigrazione dall'Africa verso l'Europa e l'America sta nel creare condizioni umane dignitose, infrastrutture adeguate, commercio equo, promuovere la crescita e lo sviluppo con il benessere sociale e rispettare l'autodeterminazione dei popoli. Infine, costruire la pace a partire da essi, senza manipolare, imporre o sostituire gli attori principali, che sono gli africani.
 
È bello che migliaia di persone provenienti da tutto il mondo siano riunite qui oggi per pregare per la pace; ma non possiamo soltanto fissare i nostri occhi su Dio, ignorando che egli è il Signore della Storia e che si aspetta anche che lavoriamo per la giustizia per gli impoveriti, specialmente in Africa. 
 
Se non vogliamo che i giovani e le famiglie africane si riversino in Europa e in America nei prossimi anni, chiediamo che coloro che hanno il potere di decidere a favore della trasformazione dell'Africa lo facciano in un contesto di cooperazione internazionale e tenendo in considerazione gli africani stessi.
 
Un ruolo importante in questi atti di giustizia è svolto dalle Chiese, dalla Chiesa cattolica e dalle religioni, che, in quanto autorità morali, sono chiamate a promuovere un dialogo tra le potenze europee e le ex-colonie e i Paesi neocolonizzati con il criterio che i poveri sono un soggetto degno della propria giusta trasformazione strutturale nella sostanza e non solo nella forma.
 
Altrimenti continueremo a occuparci degli effetti e non delle cause della migrazione.
 
Vorrei invitare tutti i presenti a prendere i propri dispositivi elettronici e a guardare le condizioni in cui sopravvivono i bambini, le donne e le famiglie nei Paesi più poveri dell'Africa e del mondo.
 
Ascoltiamo le voci profetiche di tanti missionari e missionarie che da anni ci mettono in guardia sulle condizioni subumane dei Paesi del Sud del mondo. Tra loro c'è Alex Zanotelli e tanti missionari cattolici e cristiani evangelici che danno la vita per i poveri.

Christian Krieger

Presidente della Conferenza delle Chiese Europee (CEC), Francia
 biografia

Vorrei innanzitutto, a mia volta, ringraziare Sant’Egidio per il gentile invito a partecipare a questo incontro internazionale sull’audacia della pace. È un onore e un grande piacere contribuire a questa tavola rotonda.
Lavorando un po’ sulla questione dell’integrazione da una prospettiva mia, francese da un lato, europea dall’altro, mi sono detto che, considerando la storia degli ultimi 50 o 60 anni, dovremmo invertire la formulazione del oggetto della nostra tavola rotonda. Piuttosto che parlare di crisi umanitaria e di politica di integrazione, con un po’ di prospettiva sarebbe meglio parlare di “politiche di accoglienza legate a una crisi di integrazione”. Infatti, nella seconda metà del XX secolo, i paesi europei e in particolare la Francia, hanno fatto ampio uso dell’immigrazione per contribuire allo sforzo di ricostruzione e allo sviluppo economico. Una politica di accoglienza che risponde ad un bisogno sia sociologico che economico. Da allora, la questione dell’integrazione è diventata una questione permanente per le politiche pubbliche francesi. Parlare di crisi di integrazione non è fuori luogo. La portata dei disordini vissuti in Francia lo scorso giugno, in seguito alla morte di Nahel, vittima della violenza della polizia, testimonia ancora una volta la portata delle tensioni sociali che attraversa il Paese, tensioni che affondano le loro radici in un modello di integrazione di tipo francese in crisi.
Vorrei ora situare gli elementi che condizionano la disgregazione tra la crisi migratoria umanitaria da un lato e la crisi delle politiche di integrazione dall’altro.

I. La sfida dell'integrazione, elementi di contesto
Il contesto attuale rappresenta una vera sfida per l’integrazione dei migranti rifugiati.
A. Evoluzione sempre crescente della pressione migratoria
Nel 2020, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha stimato il numero di migranti internazionali nel mondo a 281 milioni, ovvero il 3,6% della popolazione mondiale. Questa cifra corrisponde ad un aumento di 128 milioni rispetto al 1990, ovvero dell'84% (e più di tre volte di più rispetto al 1970).
Per quanto riguarda gli sfollamenti forzati legati ai cambiamenti climatici: dal 2008, 21,5 milioni di persone sono state sfollate ogni anno a causa di disastri come inondazioni, tempeste, incendi o temperature estreme. Le proiezioni proposte dalle istituzioni competenti aumentano significativamente questo numero. Si stima un aumento che va da 260 milioni di rifugiati climatici nel 2030 a 1,2 miliardi nel 2050).

B. Un contesto sfavorevole, addirittura ostile, per l’accoglienza di rifugiati e migranti
In Francia e in Europa occidentale, questa pressione migratoria si verifica in un contesto poco favorevole all’accoglienza dei rifugiati e dei migranti.
1) Un contesto in cui i sentimenti di insicurezza, insoddisfazione e paura sono significativi e costituiscono un terreno fertile per il discorso populista. Pertanto, la questione migratoria emerge regolarmente come tema importante nelle elezioni elettive, spesso mettendo in ombra questioni più fondamentali a livello sociale, economico o geopolitico. In Francia i partiti di destra competono sulla questione dell’immigrazione. La questione non riguarda solo le politiche di integrazione, ma la lotta contro ciò che Éric Zemmour, candidato alle elezioni presidenziali del 2022, chiama la “Grande Sostituzione”. La pressione migratoria, infatti, viene vissuta soprattutto come una minaccia.
2) I leader politici lottano contro l’immigrazione. L’UE con Frontex, come i paesi membri, non stanno scrivendo la storia di un’Europa ospitale. Siamo molto lontani dallo slancio universale per i diritti umani sancito dalla Convenzione di Ginevra. L’UE e i suoi membri scrivono quotidianamente la storia di una lotta contro la pressione migratoria, cercando di dissuaderla, in particolare l’immigrazione clandestina. Questa politica è illusoria. Per dissuadere un africano che non ha alcuna prospettiva di vita nel suo Paese, o addirittura che è minacciato per la sua identità o il suo impegno democratico, dovremmo trattarlo ancora peggio di come è nel suo Paese, offrirgli ancora meno prospettive di quelle che ha nel suo Paese. !
La Francia ha un approccio dirompente alla questione migratoria. (La Federazione protestante di mutuo soccorso parla di ipocrisia, di un atteggiamento di rifiuto di vedere certe realtà).
• Da un lato, esistono politiche dissuasive che mirano a:
- da un lato scoraggiare chi è tentato dalla mobilità (Frontex, sottodimensionamento delle capacità di accoglienza di rifugiati o migranti degni di accogliere esseri umani),
- e dall'altro dissuadere le persone presenti irregolarmente sul territorio dal rimanervi (divieto di accesso al mercato del lavoro, tolleranza di misere condizioni di residenza nel Paese). Si stima che siano più di 600.000


Buon pomeriggio
 
Sono molto lieto di intervenire in questo gruppo di alto livello. 
 
L'urgenza di un sistema di asilo efficace, sia all'interno dei confini dell'UE che alle sue frontiere esterne, è innegabile. Tale sistema ci consentirà di dimostrare solidarietà, sia internamente tra gli Stati membri che all'esterno, al di fuori dell'Unione. Il Belgio è pronto ad assumere il suo ruolo e la sua responsabilità durante la nostra presidenza del Consiglio nell'UE nel 2024. È una delle nostre principali priorità. 
 
Il Belgio celebra il 10° anniversario del suo programma di reinsediamento strutturale. Compiendo sforzi nel settore del reinsediamento, il Belgio garantisce una politica integrata di protezione internazionale. Da un lato, la protezione può essere offerta ai richiedenti come protezione internazionale che arrivano spontaneamente in Belgio. D'altro canto, il reinsediamento è uno strumento umanitario per offrire protezione ai rifugiati vulnerabili in difficoltà.
 
In totale, il Belgio ha reinsediato più di 4.500 rifugiati tra il 2013 e il 2023, principalmente rifugiati siriani che vivono nella regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa) e in Turchia; così come rifugiati congolesi che erano bloccati nella regione dei Grandi Laghi. 
 
Oltre al reinsediamento, dobbiamo esplorare diversi modi per garantire un passaggio sicuro per i rifugiati verso l'Unione Europea. In Belgio sono in corso numerosi progetti. Vorrei evidenziare in particolare i corridoi umanitari. 
 
A seguito del naufragio di Lampedusa e delle continue tragedie in mare, in cui migliaia di persone perdono la vita alla ricerca di un’esistenza migliore, la Comunità di Sant'Egidio ha avviato il programma dei Corridoi Umanitari nel febbraio 2016. Questa iniziativa è stata inizialmente lanciata in Italia e successivamente estesa a Belgio e Francia. Questo modello di accoglienza e integrazione dei rifugiati è visto come un esempio in Europa. Permette ai rifugiati di venire in Europa in modo sicuro.
 
Un primo accordo è stato firmato tra il governo belga e Sant'Egidio nel dicembre 2017. Ha permesso a 150 rifugiati siriani vulnerabili di arrivare in Belgio. Nel dicembre 2021 è stato firmato un nuovo accordo con l'obiettivo di facilitare l'ingresso sicuro e legale in Belgio di 250 rifugiati in situazioni vulnerabili, provenienti principalmente da Libano, Siria, Libia e Afghanistan.
 
I nostri servizi di migrazione svolgono un ruolo significativo durante l'intero processo. Tuttavia, la selezione vera e propria, il trasferimento e il supporto post-arrivo sono gestiti da Sant'Egidio, in collaborazione con comunità di diverse religioni. 
 
Certamente, la selezione dei rifugiati non è influenzata dalla loro appartenenza religiosa.
 
 
 
Anche dopo aver ottenuto la protezione internazionale, i beneficiari continuano a ricevere sostegno e orientamento per almeno un anno, con particolare attenzione a facilitare il loro processo di integrazione.
 
Oltre ai servizi migratori belgi, vi è anche una stretta collaborazione con le organizzazioni internazionali competenti, come l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM).
 
Lo scorso giugno (10/06), 26 rifugiati siriani dal Libano sono arrivati all'aeroporto nazionale di Bruxelles. Il modello dei corridoi umanitari ha offerto loro un passaggio legale con un visto umanitario e un volo sicuro per l'Europa. La Comunità di Sant'Egidio in Belgio, varie diocesi cattoliche e altre chiese cristiane assicurano la loro accoglienza e integrazione nella società belga.
 
Grazie all'accordo tra Sant'Egidio e il governo federale del Belgio, finora 223 rifugiati siriani hanno potuto costruirsi una nuova vita in Belgio. Si aggiungono agli oltre 6.300 accolti in Europa dal 2016.
 
Questo ci porta a un punto finale fondamentale che vorrei sottolineare, che è il valore aggiunto della sponsorizzazione della comunità. Il sostegno ai richiedenti asilo e ai rifugiati è sottoposto a forti pressioni in molti paesi. Avvicinando i cittadini ai rifugiati e coinvolgendoli nella loro integrazione e guida, riduciamo il divario e rendiamo noto l'"ignoto" alle persone. Per il nostro programma di reinsediamento, abbiamo lavorato con la sponsorizzazione della comunità in Belgio per tre anni e abbiamo in programma di espanderlo ulteriormente, perché solo in questo modo possiamo ottenere una politica sostenibile in tutti i settori.
 
Ora, vorrei concentrarmi sulla questione specifica dell'accoglienza e dell'integrazione dei rifugiati ucraini. Fin dall'inizio, il Belgio è stato un esplicito sostenitore dell'attuazione della direttiva sulla protezione temporanea dell'UE.
 
 
 
Nel contesto dei rifugiati ucraini, ciò significa concretamente che in diverse città belghe ci sono iniziative volte all'integrazione dei rifugiati ucraini. Ciò include lezioni di lingua, scambi culturali, programmi di formazione professionale e altre attività che promuovono la partecipazione e l'impegno dei nuovi arrivati nella società. 
 
Inoltre, ci sono scuole e istituzioni educative in Belgio che offrono programmi specifici e supporto ai bambini rifugiati, facilitando il loro accesso a un'istruzione di qualità.
 
Inoltre, ci sono diversi programmi di mentorship, in cui individui o famiglie esperte guidano e supportano i rifugiati nell’orientare la loro nuova vita nel paese. 
 
Infine, un certo numero di organizzazioni in Belgio collabora per garantire che rifugiati e migranti abbiano accesso alle cure mediche e al supporto psicosociale, affrontando i problemi sia della salute fisica che del benessere mentale.
 
I nostri sforzi per accogliere i rifugiati ucraini attraverso le numerose iniziative locali riflettono il nostro impegno per promuovere la loro integrazione di successo nella nostra società.
 
In conclusione, desidero ribadire l'impegno del Belgio a favore di un sistema di asilo solido ed efficace all'interno dell'Unione europea e alle sue frontiere esterne. La nostra presidenza del Consiglio nell'UE nel 2024 testimonierà la nostra dedizione a questa causa.
 
Grazie per aver affrontato questo argomento cruciale e per aver organizzato questa conferenza internazionale di pace. 

Daniela Pompei

Comunità di Sant’Egidio, Italia
 biografia
Quest’anno ricorrono 10 anni dalla tragedia del 3 ottobre 2013. Morirono – è doveroso ricordarlo- 368 persone. Sembrò, in quei mesi, che l’opinione pubblica e la politica si fossero fermati a riflettere davanti a quelle terribili morti ingiuste, causate dalla “globalizzazione dell’indifferenza”, come la definì Papa Francesco. 
 
La compassione per quei morti divenne iniziativa politica. Il governo italiano il 18 ottobre del 2013 diede vita ad un importante progetto di salvataggio nel Mediterraneo: Mare nostrum. E in un anno ben 160 mila persone furono portate in salvo grazie a questa operazione militare e umanitaria. Negli anni successivi la Commissione Europea mise in campo altre iniziative di salvataggio che coinvolsero le Marine militari di vari paesi. Negli ultimi 3 anni però c’è stato un progressivo depotenziamento dell’attività di soccorso in mare da parte dell’Europa.
 
Purtroppo, oggi, dobbiamo constatare che nel Mediterraneo non è attiva nessuna operazione europea di salvataggio, e le navi umanitarie delle ONG, non di rado, sono oggetto di campagne di discredito e si barcamenano tra ostacoli burocratici e altre difficoltà. 
 
I risultati di questa mancanza di iniziativa europea si vedono. La contabilità dei morti è tornata a crescere e, dopo il naufragio del 2013, ne sono avvenuti molti altri che hanno coinvolto ancora più profughi. Ricordo solo gli ultimi 2 di quest’ anno, a Cutro in Calabria alla fine di febbraio, 120 tra morti e dispersi e quello avvenuto a giugno scorso nelle acque greche che ha coinvolto oltre 600 profughi tra morti e dispersi. Molti hanno potuto vedere le immagini della BBC che mostrano come solo scortare e controllare in mare le barche che trasportano migranti, può provocare delle terribili tragedie. E’ importante ribadire in questa sede che in mare occorre innanzitutto soccorrere e salvare le persone, ed è molto pericoloso attuare azioni di deterrenza.
 
Dal 2014 sono non meno di 45.000 le persone morte o disperse nei viaggi verso l’Europa, secondo l’IOM, 13.000 profughi risultano dispersi in Africa, nei deserti, nei mari, durante i viaggi della salvezza. Anche in questo caso si tratta di un dato per difetto.
 
Quando si parla di migrazioni spesso si registra una generale e diffusa irrazionalità che si traduce in mancanza di buon senso e di prospettiva. Si continuano a proporre toni allarmistici e emergenziali e, nella migliore delle ipotesi, si producono solamente azioni non coordinate e connotate da una buona dose di approssimazione.
 
Sono 281 milioni le persone che nel 2020, l’ultimo dato disponibile, vivono fuori dai loro paesi di origine, un numero in crescita tanto che, negli ultimi anni, le migrazioni internazionali sono cresciute con una progressione maggiore di quella della popolazione mondiale. L’incremento maggiore riguarda i migranti forzati, 108 milioni alla fine del 2022 secondo l’UNHCR: sono i rifugiati a causa delle guerre, delle violenze generalizzate, dei disastri ambientali.
 
Considerare i maggiori paesi di provenienza dei migranti forzati che cercano di raggiungere l’Europa, vuol dire ripercorrere le cause profonde delle crisi umanitarie. 
 
Quella economica determinata dalla pandemia che ha accresciuto la povertà soprattutto in alcune aree, come l’Africa sub sahariana, in cui la diminuzione degli aiuti allo sviluppo e in genere degli investimenti, ha provocato un forte aumento del prezzo del cibo.
 
Ma anche, assieme alla pandemia, la guerra in Ucraina ha costretto undici milioni di persone a fuggire, la metà fuori dal proprio paese e va detto, per i profughi ucraini l’Europa ha dimostrato una grande capacità di accoglienza e integrazione. Le conseguenze indirette di questa guerra pesano sui paesi dipendenti dai generi alimentari primari, come il grano, prodotto per circa la metà del totale mondiale dai due paesi in guerra. Per paesi come Egitto, Tunisia e Marocco quasi il 75% del totale delle importazioni è costituito dal frumento ucraino o russo; non a caso, proprio i primi due di questi paesi costituiscono le nazionalità più numerose negli arrivi in Italia via mare negli ultimi due anni.
 
Sono infinite alcune delle guerre di questi anni: siriani e afghani sono nel panorama mondiale la prima e la terza nazionalità, rispettivamente 6 milioni e mezzo di rifugiati e 5 milioni e settecentomila.
 
Anche i cambiamenti climatici causano un numero di rifugiati che si è triplicato nell’ultimo decennio, aumentano i movimenti fuori dal paese di origine; secondo la banca mondiale sono 3,5 miliardi le persone che vivono in luoghi fortemente esposti all’impatto climatico. Nel Pakistan, solo nel 2022, 33 inondazioni hanno sommerso un terzo del paese, causando 8 milioni di sfollati interni e 15.000 morti. Tra i morti dell’ultimo naufragio davanti alle coste greche, su 600 morti o dispersi, 200 erano pakistani.
 
Che fare dinanzi a crisi tanto profonde e diffuse?
 
L’Unione Europea negli ultimi anni ha privilegiato una politica di difesa delle frontiere, trattando l’immigrazione più come una questione di sicurezza che come una questione umanitaria o una opportunità di sviluppo. A questo atteggiamento si lega, ad esempio, l’incapacità di modificare il noto Regolamento Dublino, superato ormai dalla storia, che conduce al fatto che i singoli stati attuano politiche nazionali alla questione dei migranti. 
 
C’è soprattutto una mancanza di visione, di riflessione su un tema epocale. È evidente la necessità e l’urgenza di capovolgere questa attitudine : passare da  “come difenderci” alle domande come soccorrere? Come evitare tanti morti? Come le migrazioni possono contribuire allo sviluppo dei paesi di partenza e di accoglienza? Sono alcune delle domande che vengono poste nell’ultimo rapporto della Banca Mondiale (Maggio 2023): . Non è usuale leggere su questo tipo di documenti internazionali espressioni appartenenti al linguaggio umanitario. Infatti, il documento dedica un intero paragrafo al “messaggio di speranza” che possiamo trarre delle migrazioni. E’ la domanda che l’Europa  dovrebbe porsi con urgenza. Io ritengo che la migrazione può essere una leva potente per la prosperità e lo sviluppo: quando viene gestita con umanità e intelligenza, offre vantaggi   alle società di origine e di destinazione. Confortano questa affermazione i dati sulle rimesse a livello mondiale del 2022, che hanno raggiunto 647 miliardi di dollari verso paesi a medio e basso reddito contribuendo così al prodotto interno lordo dei paesi di origine dei migranti.  E’ sufficiente solo un esempio: il 38% del PIL del Libano è costituito dalle rimesse degli emigrati. Allo stesso tempo i lavoratori migranti contribuiscono fortemente al PIL dei paesi di destinazione, in Italia il 9 % del Pil nazionale è prodotto da cittadini migranti. 
 
Penso anche alla Transizione   demografica che ha prodotto una diminuzione drammatica   degli adulti in età lavorativa, questo fenomeno coinvolge tutti i paesi europei.  Alcuni particolarmente: la Germania, la Polonia, la Spagna e l’Italia. Quest’ultima   entro il 2100 vedrà la popolazione ultra 65 anni passare dal 24% al 38% con una diminuzione della numerosità della popolazione totale che passerà dagli attuali 58 milioni ai 50 milioni. 
 
Certo, la migrazione è un fenomeno complesso, è una realtà del nostro tempo che va governata. Se la migrazione è accompagnata da percorsi di integrazione validi può rappresentare un potente motore di prosperità di cui possiamo beneficiare tutti: migranti economici, rifugiati, le popolazioni dei paesi di origine e di quelli di destinazione. La Comunità di Sant’Egidio ne è artefice e testimone.    
 
Tra noi, qui a Berlino, c’è Ali cittadino italiano di origine afgana, testimone con la sua vicenda personale di questo percorso di integrazione. Alì è in Italia da 8 anni, ha percorso prima la via del mare e poi la rotta balcanica. Ha studiato alla scuola di lingua e cultura della comunità. Riconosciuto rifugiato, è diventato cittadino italiano da un anno. Parte della sua famiglia vive qui in Germania e l’altra metà in Norvegia, è un nuovo europeo.  Nel 2021 all’inizio della crisi afgana, a Roma, in Italia, ha rappresentato un grande aiuto nell’individuazione e nell’accoglienza ai rifugiati afgani. Come lui Dawood, Mafoud, Taufwik, Youssef, Azza, Daniel, Weini, Djalà, Elias, amici che oggi sono impegnati  nei progetti per l’integrazione della Comunità di Sant’Egidio. (Quanti migranti in questi anni hanno frequentato le nostre scuole di lingua e cultura italiana, tedesca, spagnola, belga, francese ed altro, quanti nuovi cittadini europei sono nati, quanti da un inizio difficile sono divenuti dei grandi amanti dell’Italia, della Germania, della Francia, della Spagna, del Belgio, direi dei veri patrioti europei.) 
 
Ma continuiamo il ragionamento insieme. Secondo calcoli e stime diverse, non per risolvere ma almeno per attenuare lo squilibrio demografico della popolazione in età da lavoro e per garantire un po’del livello di benessere attuale, ci sarebbe bisogno di almeno 800.000 ingressi per lavoro in Italia, un milione e 200.000 in Germania. Anche i paesi dell’est hanno lo stesso bisogno e hanno concesso centinaia di migliaia di permessi di soggiorno: La Polonia nel 2022 ha rilasciato 700 mila nuovi permessi di soggiorno e di questi, quasi 500 mila per motivi di lavoro. 
 
Con le vie considerate “illegali”, non sicure, (sbarchi e vie terrestri) dal primo gennaio sono arrivate in Europa quasi 158.000 persone, non un grande numero. La maggioranza dei profughi sono entrati principalmente in Italia ma poi molti transitano verso altri paesi europei. Tra questi arrivi sono molti i minori non accompagnati: in Italia ne sono giunti dal 2021 poco meno di 35 mila. Se accolti, sostenuti e accompagnati rappresentano una grande riserva di futuro. Forse è il momento che, in maniera pacata, si cominci a parlare di ingressi numericamente proporzionati. E’ giunto il momento di investire sulla formazione, di riconoscere con più facilità i titoli studio, di alleggerire i tortuosi percorsi ad ostacoli della burocrazia per ottenere visti di ingresso regolari. Si tratta di costruire un vero partenariato con paesi africani ed asiatici sul tema della migrazione.
 
Occorre costruire vie legali di ingresso, che sono il primo passo verso un sistema strutturato di programmazione, di accoglienza e di integrazione. In Europa nel 2022 nei 27 paesi europei sono entrati con il programma dei reinsediamenti solo 18 mila rifugiati dai paesi di primo asilo, individuati dall’UNHCR (Libano, Pakistan,  Turchia, Niger). Ben 16 paesi dell’Unione non hanno accettato alcun rifugiato con il reinsediamento. ( es.  Austria, Ungheria, Malta, Lussemburgo, Portogallo etc.). L’Italia nel 2022 ha ammesso soltanto 62 rifugiati con il programma dei reinsediamenti mentre, nello stesso anno, con i Corridoi Umanitari della Comunità di Sant’Egidio, gestiti e sostenuti economicamente dalla società civile, ne sono arrivati ben 1163.
 
Sul tema delle migrazioni è in gioco il futuro delle nostre società europee, il loro rinnovamento, la loro modernizzazione, la loro attrattività, il loro ruolo nello scenario mondiale. A me sembra questo un messaggio di speranza: è possibile cambiare approccio in un clima generale non semplice. Penso al preoccupante aumento degli episodi di razzismo. La terapia per contrastare il razzismo non sono certo i muri, al contrario favorire l’incontro, la conoscenza, l’integrazione. 
 
Pochi giorni fa si è svolta una conferenza stampa a Roma in cui Marco Impagliazzo ha lanciato delle proposte sui migranti che si riassumono in tre verbi, “Salvare, Accogliere, Integrare” proposte rivolte all’Italia, in questa sede direi all’Europa. La sola via per garantire sicurezza è l’accompagnamento, l’integrazione, l’inclusione che sono l’unica chiave contro il declino.  In una recente riflessione sui corridoi umanitari “Dall’esterno arriva  una grande occasione di rinascita e di ritrovamento di sé, della propria cultura , delle proprie radici umanistiche e solidali, della capacità inscritta nella storia europea di diventare europei perché molteplici, popoli, culture, lingue, cristiani, ebrei, musulmani, umanisti”. Il Rinascimento europeo nasce da qui, dalla nostra capacità di Salvare, Accogliere e Integrare.

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